L’evoluzione necessaria dell’azienda in media company su Comm di Hoepli
Spesso nel mio lavoro di consulenza mi sento ripetere che la trasformazione in media company non è per tutte le realtà organizzative. In verità, si tratta di un preconcetto erroneo, in quanto la facilità di accesso ai mezzi di produzione e distribuzione dei contenuti, grazie all’affermarsi di Internet e delle piattaforme digitali, ha reso queste pratiche davvero democratiche. Mi piace citare l’esempio di una televisione svizzera (una vera media company, per misson e core business) ha sostituito diversi anni fa le sue telecamere con degli iPhone. Quegli stessi oggetti che portiamo spesso nelle nostre tasche.
Vero è che più si investe più i risultati sono professionali: una buona camera non sostituisce la cura degli stabilizzatori, delle luci e dell’audio, per esempio. Così come nessuna strumentazione tecnologica potrà eliminare la necessità per chi va in video di una buona dizione, tanto per dirne una. A meno che non si scelga un giornalista avatar per lo scopo, ovviamente!
Quali aziende, allora, possono permettersi di intraprendere lo stimolante percorso di trasformazione in media company?
E, se non è una questione di dimensioni o di budget, cosa serve davvero per diventare agili e potenti come dei media?
Grazie a Hoepli che mi ha stimolata ad affrontare questi temi per il suo nuovo magazine Comm, che raccoglie i contenuti dei suoi autori di Comunicazione e Marketing.
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